"Non sono un pensatore. Non sono un filosofo. Non sono un uomo di parole. Sebbene abbia usato le parole più di chiunque altro, nella storia dell’umanità, insisto: non sono un uomo di parole. Le mie parole sono solo segnali verso il silenzio. Vi parlo in modo tale che voi possiate imparare a non parlare. Vi parlo in modo che possiate essere in silenzio.
Il mio lavoro è estremamente contraddittorio, ma mi ha sempre divertito, mi piace, e ho trovato persone che ne hanno compresa la contraddizione intrinseca, persone che hanno gettato via le parole e hanno assorbito il contenuto reale nelle profondità del proprio essere. Le parole sono solo dei contenitori: il contenuto è il silenzio." Osho
Dalla prefazione dell'editore
Se dovessi dire in una parola chi è Osho, potrei solo dire: silenzio! Per anni ho cercato di portare alla soglia della mia coscienza la sensazione più intima che ha accompagnato la presenza di Osho nella mia vita: è stato un processo interiore che ha sempre detto qualcosa su di me, sul mio aprirmi alla vita, sulle mie limitazioni, o presunte tali, sui miei pregiudizi, poco o nulla su di lui, fino a quando non ho toccato dentro di me quello spazio interiore che tanto tangibilmente caratterizza Osho: il silenzio.
Il riconoscimento è stato immediato, indiscutibile, totale, lampante: quello era il sapore; nel mio silenzio interiore Osho si stagliava in tutta la sua magnificenza.
Pertanto, se dovessi dire in breve cosa è stato, ed è, Osho nella mia vita, direi: un trampolino di lancio verso quella dimensione cui tutti aspiriamo e che tuttavia temiamo, perché la sua presenza implica la totale assenza di ogni cosa, prima di tutto dell’io che tanto ci determina, che tanto coltiviamo, ritenendolo il nostro bene più prezioso, la nostra identità, senza la quale pare impossibile esistere.
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